Saturday, September 13, 2014

«Conti correnti, mediatori, sequestri Dove finì la megatangente dell’Eni»

ENI e Nigeria

«Nessun intermediario» e «nessun pagamento alla società nigeriana Malabu Oil & Gas» ma «solo al governo della Nigeria», è la difesa ribadita da Eni e Shell per controbattere al sospetto che un fiume di tangenti abbia viziato il contratto con il quale nell’aprile 2011 pagarono 1 miliardo e 92 milioni di dollari (più Shell da sola altri 200) per aggiudicarsi la licenza di esplorare il campo petrolifero OPL245 detenuta appunto dalla Malabu: società nigeriana quasi solo con una casella postale, e tuttavia all’epoca al centro di aspre rivendicazioni di proprietà tra oligarchi nigeriani, fino a rivelarsi poi lo schermo dietro il quale l’ex ministro nigeriano del petrolio Dan Etete si era sostanzialmente autoassegnato anni prima proprio quella preziosa licenza. Ma nelle rogatorie internazionali sfociate mercoledì a Londra nel sequestro di 193 milioni disposto dalla londinese Southwark Crown Court a carico di Etete e del mediatore nigeriano Emake Obi, la Procura di Milano mostra ora di vedere nell’interposizione del governo solo una soluzione puramente tattica: una mossa (niente più intermediari, apparente rapporto esclusivo con lo Stato) finalizzata a vestire di maggiore trasparenza il perfezionamento nel 2011 di un accordo tra Eni e Malabu che invece in sostanza garantisse i medesimi impegni tangentizi sottesi per i pm alla prima fase della negoziazione, quella abortita nel 2010 dopo che per essa si erano spesi a vario titolo gli allora numeri uno e due di Eni, Paolo Scaroni e Claudio Descalzi (oggi amministratore delegato), il loro manager operativo Roberto Casula, i mediatori italiani Luigi Bisignani e Gianluca di Nardo, l’intermediario nigeriano Obi e l’ex ministro Etete. 

INC News, 13/09/2014-via Corriere

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