“Pietà l'è morta”
Questo è il titolo di un celebre canto della Resistenza italiana; il testo, scritto da un alpino nel 1944, rievoca la durezza della guerra, quando ogni sentimento di umana compassione, di rispetto per l'altro, di pietà appunto, cede il passo alla violenza ed all'aggressività, alla prevaricazione.
Ho ripensato a questo testo ed al suo significato in questi giorni, leggendo dei fatti accaduti a Rimini, a Firenze e a Roma. Mi riferisco ai vari episodi di stupri che si sono succeduti e sono stati abbondantemente raccontati dal mondo dell'informazione.
Il filo conduttore sembra essere sempre lo stesso: donne che subiscono violenza, da parte di uomini che non sanno fare altro che usare violenza per ottenere ciò che vogliono in quel momento.
A Rimini, tre minori stranieri meglio definibili come minorati, agli ordini di un maggiorenne congolese richiedente asilo, altrettanto depravato e portatore sano di nanismo cerebrale, abusano ed infieriscono con ferocia su di una coppia di fidanzati polacchi e poi su di una trans sudamericana.
Come se lo stupro subito non fosse già abbastanza, ecco anche l'insulto finale, il parere dell'esperto, il commento dell'ennesimo esponente del movimento “braccia rubate all'agricoltura”. Lo scritto di uno che dovrebbe possedere un bagaglio di conoscenza tale da essere in grado di mediare tra due culture e che non sa azzeccare un congiuntivo nemmeno a pagarlo.
Uno che, ospite di questo Paese da anni, frequenta la Facoltà di Giurisprudenza a Bologna ma evidentemente non ha imparato nulla, o forse durante le lezioni di diritto e procedura penale non era presente. E di certo non stava seguendo quelle di italiano.
Nel frattempo, emergono i dettagli cruenti dell'aggressione, atti degni di una nuova Arancia Meccanica, e mentre quotidiani e commentatori vari indugiano sui particolari, mi rendo sempre più conto che alle povere vittime di questo orribile episodio non è stato risparmiato proprio nulla, senza pietà appunto.
Una parte della difesa dei due si basa sul fatto che le ragazze fossero consenzienti, come la turista finlandese stuprata a Roma da un immigrato bengalese, un lavapiatti che si era offerto di riaccompagnarla a casa dopo una serata passata in un locale. Di fatto era solo una trappola, l'ha trascinata in una zona buia, l'ha picchiata e violentata; l'ha minacciata con una pietra, dicendole che l'avrebbe uccisa. Ed ha poi raccontato, candidamente, di non aver commesso alcuno stupro, di avere avuto sì un rapporto sessuale ma la ragazza era consenziente. Ovvero, sotto la minaccia di una pietra, picchiata e spaventata a morte ma sicuramente consenziente, come no.
Le violenze e le affermazioni che ancora oggi tocca vedere e sentire non sono altro che l'ennesima dimostrazione della necessità di un profondo cambio culturale e di mentalità, che coinvolge tutti, autoctoni o ospiti che siano: non è violando il corpo della malcapitata di turno che si dimostra di valere qualcosa, fatevene una ragione.
Che dire di più? La pietà è morta, la prevaricazione dilaga, ma l'indignazione è ben viva e lotta in mezzo a noi.
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